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Ipertrofia dell’upper: braccia avanti e tronco indietro

Tra le regole imprescindibili dell'ipertrofia muscolare c'è quella per cui cresce soltanto quello che si allena.

Chi si ritrova ad avere braccia molto sviluppate e tronco indietro significa dunque che proprio queste, “rubano” lavoro al resto degli esercizi non permettendo di far arrivare uno stimolo sufficientemente potente da far crescere i muscoli del tronco.

Vedremo a brevissimo l'importanza di avere un gran dentato ben reattivo (e per questo nel prossimo articolo si parlerà di Pullover). Perchè il gran dentato?

Gran dentato attivo, reattivo, sviluppato = buona postura.

Quale è la relazione tra postura e poco sviluppo del tronco ma grande sviluppo delle braccia? Vediamo.

La postura, come la prestazione locale di alcuni gruppi ne escono migliorate, e sono ovviamente interconnesse: non c'è un bel gran pettorale se non c'è una buona postura del tratto dorsale/cervicale per chi ha braccia grosse.

Per chi ha braccia fini è probabile che la postura sia orribile lo stesso ma con la consolazione di avere buoni pettorali. Per i dorsali il discorso prevede altre variabili.

 

Magnus Samuelsson, famoso per aver spezzato un braccio al gigante australiano Nathan Jones durante una competizione di braccio di ferro professionistico, ha sempre avuto dalla sua parte uno sviluppo insensato di braccia e muscoli della presa. Il suo petto tuttavia era da dimenticare, con un carico in panca piana di 270 kg per due rep si capisce che l' attivazione e la tecnica interna sono vitali allo sviluppo del gran pettorale più del carico usato.

Il rapporto omero-clavicola

Questo rapporto è la singola variabile che può aiutarci a prevedere più facilmente quali muscoli avranno la meglio nel reclutamento durante un esercizio.

La cosa vale soprattutto per le spinte. Se il rapporto tra la tua clavicola e l' omero è tra 1:1 e 1:1,6-7 ed hai un torace ampio allora è molto probabile che svilupperai maggiormente i muscoli delle braccia, nonostante curerai al massimo la tecnica di esecuzione nelle varie panche.

Più le braccia sono corte e tozze e più il sistema nervoso capirà che la leva è favorevole in quell'area, più il petto è ampio e meno vantaggio meccanico ci sarà a sostenere l' alzata.

Il corpo umano è molto conservativo e tende a scegliere sempre la via più breve e facile per eseguire un lavoro. Il concetto ovviamente rimane vero anche con variabili invertite: è maledettamente dura riuscire a distendere il gomito di un' omero lungo e sottile, oltre che tassante anche su tendini e articolazioni, il corpo sceglierà di reclutare maggiormente i muscoli pettorali e deltoidi.

Studiate meglio il vostro pettorale

Ci sono persone in palestra che non affrontano mai la questione di approfondire lo studio della forza dei loro pettorali. Cosa significa?

Semplicemente che se segui sempre le schede che il tuo istruttore ti dà senza cambiare e sperimentare per tuo conto come si comporta il tuo corpo o sei poco consapevole o sei troppo legato alle routine che fai per allenarti.

Devi assolutamente confrontarti con un' attenta osservazione di come il tuo gran pettorale sa esprimere lavoro e quali sono i suoi angoli morti. Se ne deduce che le specialiazzazioni hanno senso solo a certe condizioni.

Un esempio pratico di questo discorso rappresenta il tanto agognato lavoro eseguito ai cavi. Hai braccia grosse e petto indietro?

La cosa più logica sembrerebbe quella di eseguire delle croci ai cavi per migliorare la questione in poco tempo.

Con la speranza di migliorare il petto in breve tempo eserciti di giovani palestrati affrontano con speranza il lavoro eseguito ai cavi (sia dall' alto che dal basso) ma troppo spesso rimangono delusi dai risultati… Colpa dei cavi?

Tuttavia ben presto ci si rende conto che il lavoro ai cavi se fatto senza criterio porta solo ad affaticare maggiormente bicipiti, deltoidi, coraco-brachiali piuttosto che sfinire il gran pettorale come ci si era prefissati. Ergo il lavoro con i cavi è da scartare…

Un momento, non così in fretta. Sei sicuro di conoscere fino in fondo il tuo corpo veramente? Sai cosa fare per risolvere problemi di natura biomeccanica? Hai il fegato di provare anche esercizi stupidi solo per curiosità di scoperta?

Croci ai cavi: un milione di variabili nascoste

I coach di un certo rilievo sono molto bravi a presentare gli esercizi ortodossi con tecnica cristallina: se non rispettate i loro dettami non otterete risultati, questo è quello che dicono. Tuttavia noi siamo tutti uno diverso dall'altro, come può una tecnica standard sopperire sempre a tali differenze? Non può!

Lascia perdere l' ortodossia del lavoro ai cavi e scopri quante cose si possono cambiare per ottenere esecuzioni diverse.

Un esempio facile per capire la mentalità da adottare è quello di cambiare l' esecuzione delle croci ai cavi non fermando la raccolta delle braccia al centro del petto quando le due mani si incontrano. Il punto più debole di chi ha petto ampio è proprio lo spazio che racchiude gli ultimi angoli di adduzione dell' omero quindi prova ad esagerare il lavoro in quel punto con questa variante in figura:

La cosa è valida anche per le croci dai cavi bassi. Ma non è finita qui. Infatti anche con questo cambiamento ci potrebbero essere problemi di sovraffaticamento ai bicipiti: regola di conseguenza l' angolo del gomito lasciando più o meno piegato. Che dire di escluderle completamente, magari mettendo in posizione di svantaggio meccanico anche i deltoidi?

Eccoti un' altra variante da provare per questo scopo:

 

Le croci ai cavi con presa supinata saranno particolarmente dure per chi ha un pettorale debole: risulterà estremamente difficile chiudere bene mani e gomiti verso il centro, e si tenderà a ruotare le braccia man mano che l' esaurimento del reclutamento si farà sentire nelle varie ripetizioni. Resisti alla tentazione di allargare i gomiti perdendo la completa supinazione del braccio e della mano.

In realtà proprio il fatto che perdi la posizione tanto facilmente è indicativo di quanto sia debole il tuo pettorale: dovrai spendere più tempo con questa versione delle croci e con carichi ridicoli da distruggere l' ego di qualunque palestrato grosso degno di tal nome.

Non importa, sbloccare il petto ha la priorità.

 

Che dire delle spinte ai cavi?

Queste spinte sono ottime per aggiungere una componente di tiro divergente alla meccanica delle normali spinte che fai di solito con i pesi liberi. La divergenza aumenta il reclutamento del pettorale ed il fatto che sia una spinta ti permette di lavorare con carichi più elevati della normale croci. Poni sempre molta attenzione alla fase concentrica, effettuando un ottimo squeeze finale e mantenendolo per almeno un secondo.

Riprova lo stesso esercizio con le tre prese possibili: prona come nell'immagine, supina e parallela. Senti quale esecuzione ti permette di disintegrare il pettorale lasciando quasi intatte spalle e braccia. L'isolamento non esiste e al giorno d' oggi chiunque osa nominarlo viene bruciato al rogo, tuttavia l' enfasi è un concetto ancora valido.

Altra variabile è quella di spostarsi più avanti o più indietro rispetto alle carrucole dei cavi: se vuoi eseguire concentriche con lavoro volutamente sbilanciato negli ultimi angoli di adduzione allora spostati più verso il centro della multiercolina gemellare, o addirittura leggermente più indietro rispetto alle carrucole. Con la porzione alta del pettorale questa tecnica permette un pompaggio notevole anche in soggetti molto deboli.

Combinare il lavoro ai cavi: tempo sotto tensione

E' ovvio che una volta che hai impostato tutti questi nuovi movimenti e hai scartato le varianti meno fruttuose puoi dedicarti a combinare le varie esecuzioni per ottenere maggior lavoro.

In soggetti con pettorale scarsamente reclutabile l' esaurimento neurale arriva quasi subito, specie se il carico è elevato, inoltre i muscoli secondari cercano di entrare in aiuto sporcando sia la tecnica interna che quella esterna. Abbassare troppo il carico tuttavia porta ad avere un lavoro scarsamente stimolante per la crescita muscolare.

Combinare esercizi dando priorità agli esercizi che senti peggio, con quelli  in cui ti senti più sicuro nell'esecuzione può migliorare le cose. Il tempo sotto tensione all'inizio può essere una variabile più importante dell' intensità espressa.

Ricorda che il corpo costruisce familiarità ad un movimento con molte ripetizioni eseguite, se in più lo mettiamo in condizione di non stancarsi troppo con linee di tiro sempre uguali allora riuscirai a massimizzare i risultati: potresti per esempio eseguire un dropset meccanico partendo da delle croci ai cavi supinate (le più difficili), passando a delle croci in presa prona con concentrica allungata (mani incrociate), terminando infine con delle spinte ai cavi in presa parallela.

Un triset in dropset meccanico come questo garantisce uno stimolo che varia nel tempo e avvantaggia il sistema nervoso a non esaurirsi prima di aver distrutto ogni singola fibra del tuo petto.

Del resto non hai molta scelta all'inizio: ogni tentativo di aumentare prematuramente il carico e l' intensità espressa si traduce in una completa perdita di focus nel gruppo target con coinvolgimento massiccio dei gruppi circostanti.

 

Il concetto di variare le prese nel lavoro ai cavi è valido anche per le distensioni con i manubri. Prese parallele e supinate hanno lo scopo di svantaggiare l' apporto dei deltoidi, anche i tricipiti cedono parte del loro lavoro ai bicipiti, così nessuno dei due andrà in esaurimento prima che lo abbia fatto il pettorale.

La presa supinata è fruttuosa in panche piane con i manubri e panche declinate a -20 gradi. La presa parallela invece si può usare sia in panca piana che in panca inclinata a 30/45 gradi.

La croci sono un movimento che necessita di grande focus per chi ha difficoltà nel petto, e anche molti stratagemmi secondari. Non lasciare mai che il bicipite vada in stiramento prematuramente, mantieni il braccio ben piegato, anche fino a 45/60 gradi se necessario.

Eviterai stiramento eccessivo non solo del bicipite ma anche del coraco-brachiale, un piccolo muscolo sotto il deltoide frontale che tende ad infiammarsi proprio con croci fatte male. Se vuoi cercare di colpire determinate aree del petto con questo esercizio prova a muovere l' omero a differenti gradi di adduzione rispetto al torso: gomiti più vicini ai fianchi stireranno maggiormente la porzione clavicolare, angoli molto larghi con braccia aperte fino a 90 gradi invece stireranno maggiormente la porzione ascellare.

Sia con le croci che con le spinte è di fondamentale importanza deprimere le scapole, oltre che retrarle. La sola retrazione potrebbe portarvi a non attivare bene il gran dentato e far lavorare al posto suo il piccolo pettorale, muscolo che ruba moltissimo lavoro meccanico al grande pettorale. Il gran dentato al contrario esalta il lavoro del gran pettorale.

Se fai fatica a sviluppare questo aspetto allora forse è arrivato il momento di lasciar perdere le catene cinetiche aperte e i pesi liberi, provando ad eseguire flessioni a terra o tra due panche con sovraccarico oppure distensioni alle parallele. Negli esercizi a catena cinetica chiusa la retrazione scapolare non serve più, anzi risulta controproducente.

Infatti al suo posto bisogna impostare un movimento di protrazione scapolare a cui corrisponde tuttavia una maggiore necessita di deprimere con il gran dentato. Questo concetto è ben chiaro a chi si allena con la disciplina calistenica. Una spalla allenata in questo modo diventa molto più intelligente. La protrazione è resa possibile solo con lavoro di questo tipo, nessuno si sognerebbe di farlo sotto un bilanciere in panca piana!

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Contrazioni auxotoniche

Se prendiamo il lavoro di spinte e croci con manubri o cavi e lo eseguiamo invece con degli elastici di resistenza appropriata otterremo una curva di sforzo completamente diversa.

La peculiarità delle contrazioni auxotoniche, ovvero tutte quelle contrazioni con andamento esponenziale man mano che la concentrica completa il suo range di movimento, rendono l' allenamento con gli elastici ideale per chi ha un petto pigro. Nelle spinte come nelle croci è importante posizionare le bande elastiche in direzione divergente per massimizzare l' esclusione delle braccia e il coinvolgimento del petto.

La tenuta finale in concentrazione è molto più che consigliata: devi farlo tassativamente!

Questo è solo il primo articolo, anche perchè si è parlato solo di petto. Arriverà il turno della schiena ma non volevo mettere troppa carne al fuoco.