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La dieta chetogenica: cos’è e come funziona

uova proteine

La dieta chetogenica è una dieta ipoglucidica (o low-carb) che si basa sulla riduzione drastica dei carboidrati. Lo scopo è sfruttare il metabolismo lipidico al fine di incrementare il rilascio degli acidi grassi liberi (FFA) dalle cellule adipose, i quali verranno poi bruciati nel fegato portando alla formazione di corpi chetonici e all’instaurarsi della chetosi.

Questo è il principio base che regola questo tipo di dieta che viene molto spesso utilizzata come dieta dimagrante, anche da chi pratica bodybuilding.

La dieta chetogenica non è generalmente ben vista e porta con se della confusione: spesso viene confuso lo stato di chetosi fisiologica da quello dalla chetosi patologica. In realtà, come vedremo successivamente, si trattano di due condizioni ben diverse.

A partire dal 1921 la dieta chetogenica veniva utilizzata per il trattamento dell’epilessia infantile con buoni risultati. Via via è caduta in disuso per poi essere stata riscoperta ed utilizzata anche in ambito sportivo.

Nel bodybuilding a partire dagli anni 90 è stata utilizzata soprattutto come dieta ciclica (CKD) con la famosa Dieta metabolica di Mauro Di Pasquale, con lo scopo di creare una strada alternativa alle comuni diete per la definizione che ancora oggi si vedono.

In breve la dieta di Di Pasquale prevede 5-6 giorni in low-carb e 1-2 giorni di refeed con un consumo quasi illimitato di carboidrati.

Qualche anno prima di Di Pasquale, precisamente negli anni ’70, una dieta simile alla chetogenica era stata proposta dal Dr. Atkins, la quale prevedeva una forte limitazione del consumo di carboidrati e l’uso di proteine e grassi fino al raggiungimento della sazietà.

Dieta chetogenica: fisiologia

Prima di entrare nei meccanismi che regolano la dieta chetogenica occorre ripetere alcune nozioni fisiologiche di base.
Il nostro corpo utilizza quattro di fonti come substrato energetico: carboidrati, grassi, proteine e chetoni, ognuna immagazzinato in diverso modo.

I trigliceridi sono la più grande fonte di energia di immagazzinamento del nostro organismo, basti pensare che ogni chilo di grasso contiene circa 9000 kcal.

Glucosio e proteine rappresentano invece una fonte secondaria.

L’uso di un substrato dipende invece dalla disponibilità di carboidrati.

Durante i periodi di deficit calorico il corpo utilizza principalmente tre substrati da cui ricavare energia:

le proteine, che vengono convertite in glucosio
i carboidrati che sono immagazzinati sotto forma di glicogeno nei muscoli e nel fegato
i grassi che sono immagazzinati nelle cellule adipose (o adipociti).

Quando l’apporto di carboidrati viene fortemente limitato per diversi giorni, o nelle condizioni di digiuno il corpo, per garantire la sua sopravvivenza, è capace di utilizzare un’altra fonte da cui ricavare energia: i corpi chetonici i quali derivano dal metabolismo lipidico.

Il glucosio (la cui fonte principale sono i carboidrati) è il principale carburante per tutti i tessuti eccetto il cuore che usa oltre al glucosio, FFA e chetoni.

Quando la quantità di carboidrati è elevata, i processi di gluconeogenesi vengono limitati, quando invece scarseggiano la gluconeogenesi viene potenziata utilizzando soprattutto le riserve di grasso e le proteine tissutali.

Dopo il glucosio l’altra fonte più importante di energia è rappresentata dagli acidi grassi liberi (FFA). Questi vengono utilizzati da quasi tutti gli organi tranne il cervello il quale usa esclusivamente il glucosio e in alternativa i chetoni.

La quantità di chetoni presenti utilizzati come substrato energetico normalmente è molto bassa, ma il loro utilizzo può aumentare con una dieta chetogenica o con dei digiuni prolungati. Questo, è ciò che in gergo prende il nome di chetosi.

Una volta che la quantità di chetoni aumenta, essa diventa la fonte principale d’energia per molti organi e tessuti soprattutto per il cervello. Solo il fegato non è in grado di usare i chetoni che esso stesso produce, ma è in grado di usare solo i FFA in assenza o carenza di glucosio.

A chetosi inoltrata, però, la maggior parte dei tessuti smette di utilizzare i chetoni come fonte d’energia i quali, a partire dalla terza settimana, vengono consumati quasi esclusivamente dal cervello che è in grado di ricavare da essi fino al 75% d’energia (il restante 25% viene fornito dal poco glucosio presente in circolo).

Gli ormoni

dieta low carb
Nella dieta chetogenica avviene un importante mutamento a livello ormonale. Anzitutto c'è da dire che la regolazione dell’utilizzo dei substrati energetici dipende da più fattori il principale è la presenza o meno di carboidrati nella dieta.

Più carboidrati consumiamo più il nostro corpo li utilizzerà a scopo energetico (tranne casi di insulino-resistenza).

Viceversa, con una riduzione degli introiti di carboidrati l'utilizzo del glucosio da parte dell’organismo è ridotto, a favore dei grassi.

Anche la quantità di proteine utilizzata come substrato energetico dipende direttamente dal loro consumo anche se in maniera molto meno marcata.

Il consumo dei grassi invece non sembra influire sul loro utilizzo da parte dell’organismo a scopo energetico il loro uso dipende indirettamente dal consumo di carboidrati: meno carboidrati sono introdotti con l'alimentazione, più grassi sono utilizzati.

Un ruolo chiave nella regolazione metabolica dei substrati viene svolta dai livelli ormonali. Due sono gli ormoni essenziali deputati a tale compito: insulina e glucagone.

L’insulina è un ormone rilasciato dalle cellule beta del pancreas principalmente dopo un pasto ricco di carboidrati (viene stimolato anche dalle proteine anche se in maniera minore) con lo scopo di immagazzinare il glucosio presente nel sangue all’interno delle cellule e ridurre così la glicemia. Per approfondire vi consiglio di leggere il ruolo dell'insulina nei muscoli e nel grasso.

Il glucagone è un ormone prodotto dalle cellule alfa del pancreas ed ha ruolo opposto a quello dell’insulina.

La sua produzione avviene infatti durante i periodi di digiuno o durante l’attività fisica col fine di mantenere stabile la glicemia che durante tali condizioni tende ad abbassarsi. Il glucagone agisce principalmente provocando la rottura del glicogeno epatico il quale viene rilasciato nel sangue per mantenere stabile la concentrazione di glucosio.

Generalmente quando i livelli di insulina sono alti quelli di glucagone sono bassi e viceversa.

Esistono poi altri ormoni che hanno un ruolo importante nella mobilizzazione dei substrati energetici: GH, ormoni tiroidei (T3,T4), cortisolo, catecolammine (adrenalina e noradrenalina).

Il GH è sia un ormone lipolitico che favorisce la mobilizzazione dei FFA che anabolico. Per svolgere la sua funzione anabolica necessita dell’intervento dell’insulina.

Alti livelli di insulina e GH stimolano una classe di ormoni chiamate somatomedine tra i quali l’IGF1 (insulin like growth factor) che ha un effetto anabolico sui vari tessuti. Questo è importante ricordarlo perché dal punto di vista ormonale la riduzione dell'insulina che avviene durante chetosi non rende la dieta chetogenica un regime ideale per chi vuole mettere massa muscolare.

La fisiologia della chetosi

I chetoni sono principalmente tre: Acetoacetato (AcAc), Betaidrossibutirato (BHB) e Acetone. L’AcAc viene prodotto a partire dall’acetil-CoA, un sottoprodotto degli acidi grassi liberi (FFA).

Una parte dell’acetoacetato viene poi convertito in BHB e Acetone che viene eliminato attraverso le urine e la respirazione (il cattivo alito che si manifesta durante un regime chetogenico è dovuto a questo).
Nella prima settimana di chetosi i chetoni sono utilizzati da tutti i tessuti, tranne che dal fegato, anche se gradualmente dalla terza settimana sono utilizzati sempre meno dai tessuti e sempre più dal cervello.

Lo stato di chetosi è favorita da alti livelli di glucagone e bassi livelli di insulina.

I bassi livelli di insulina permettono di inibire la LPL (lipoprotein-lipasi), un enzima che favorisce la liposintesi, e attivare invece la HSL (lipasi ormone-sensibile), un enzima con funzione lipolitica (favorisce la mobilizzazione dei grassi).

Una volta liberati dai trigliceridi, gli acidi grassi viaggiano nel torrente ematico legati all’albumina per essere o utilizzati per scopo energetico o trasportati al fegato per essere ossidati.

Quando sono in quantità sufficienti, vengono utilizzati dal fegato per formare i chetoni anche se è un’altra condizione necessaria è l’esaurimento delle scorte di glicogeno epatiche. Affinché questo avvenga i carboidrati devono essere rimossi dalla dieta. Per essere completamente deplete occorrono dalle 12-16 ore circa in base anche all’attività fisica.

Solo successivamente la chetogenesi può sopraggiungere. La deplezione del glicogeno epatico porta all’inibizione della malonin-CoA che causa a sua volta ad un’attivazione CPT-1 responsabile del trasporto degli acidi grassi nei mitocondri dove verranno bruciati causando l’accumulo di Acetil-CoA che verrà prima trasformato in Acetoacetato e successivamente in Beta-idrossibutirato e Acetone.

Chetosi o chetoacidosi?

Uno degli errori più comuni che viene commesso quando si parla di dieta chetogenica è quello di scambiare la chetosi fisiologica per una condizione patologica. La chetosi è da distinguersi infatti dalla chetoacidosi, condizione patologica che colpisce i soggetti con diabete scompensato e che porta ad una concentrazione sopra livelli fisiologici di chetoni (anche 3-4 volte maggiore della normale chetosi). La chetosi infatti è una condizione che appare durante normali processi come digiuno (starvation ketosis), un elevato consumo di grassi e pochi carboidrati (dietary ketosis) e dopo un allenamento intenso (post-exercise ketosis). Queste condizioni fisiologiche hanno permesso all’uomo di sopravvivere in condizioni di carestie prolungate e vanno quindi distinte da altre due condizioni come la chetoacidosi diabetica e la chetoacidosi alcolica. Ciò che differenzia il fisiologico dal patologico è essenzialmente la concentrazione di chetoni nel sangue. I chetoni hanno una concentrazione a livelli normali intorno a 0,1 mmol/dl. La condizione di chetosi si instaura quando i livelli aumentano sopra i 0,2 mmol/dl. In chetoacidosi la concentrazione di chetoni è invecesuperiore a 7 mmol/dl mentre questa quota può salire ancora oltre i 25 mmol/dl in chetoacidosi diabetica ed alcolica. Un altro valore che contraddistingue la chetosi fisiologica da quella patologica è il valore del Ph ematico. Nelle condizioni fisiologiche di chetosi il Ph ematico tende leggermente ad abbassarsi in maniera quasi impercettibile per poi ritornare normale nel giro di qualche giorno, nelle condizioni patologiche invece tale valore tende a rimanere più basso per molto più tempo e per valori anche maggiori portando ad una vera e propria acidosi metabolica con tutte le conseguenze del caso, anche fatali.

Come sapere se lo stato di chetosi si è instaurato?

ketostix chetosiConseguenza dalla chetosi è la chetonuria e la chetonemia.
La chetonemia è l’aumento dei chetoni nel sangue che è il valore più attendibile per valutare lo stato di chetosi sebbene sia il meno pratico visto che occorre un esame ematico per poterlo valutare.
La chetonuria è invece l’aumento della concentrazione di chetoni nelle urine che rappresenta però solo un 10-20% dei chetoni prodotti dal fegato. Quest’ultima, pur essendo un valore meno attendibile, può essere misurata più facilmente attraverso l’uso di Ketostick. Durante la valutazione dell’esame è importante ricordare che i livelli di chetoni tendono ad essere più bassi durante il mattino raggiungendo invece il picco durante la mezzanotte.

Catabolismo muscolare

Una delle domande più gettonate è se una dieta a basso contenuto di carboidrati possa portare a ridurre la massa muscolare a causa di un maggiore catabolismo proteico.

Ci sono diversi motivi per cui una dieta chetogenica non comporta un aumento della lisi proteica, a differenza di quanto ci si aspetterebbe da una dieta fortemente ipoglucidica.

– Nei primi giorni di una dieta chetogenica la formazione dei chetoni e l’instaurasi della chetosi porta il corpo a shiftare il metabolismo verso l’uso dei grassi e dei chetoni come substrato energetico. Tale meccanismo non genera una conversione delle proteine in glucosio permettendo un notevole risparmio proteico.

– L’adattamento dei reni al riassorbimento dei chetoni permette una minor perdita di azoto attraverso le urine, consentendo un maggior risparmio di proteine tissutali.

In aggiunta, esiste una ipotesi che vede i chetoni come possibili anticatabolici.

Un ultimo meccanismo attraverso il quale la dieta chetogenica potrebbe ridurre la perdita proteica potrebbe coinvolgere gli ormoni tiroidei e in particolare il T3 che ha un ruolo importante nella regolazione del metabolismo oltre che nella sintesi proteica.

Diete ipocaloriche e ipoglucidiche tendono ad abbassare la quantità di ormoni tiroidei provocando una riduzione del metabolismo.

Nelle diete chetogeniche l’abbassamento dei livelli tiroidei avviene rapidamente come adattamento per prevenire la perdita di proteine e secondo alcune ipotesi ciò sarebbe accompagnato da una maggiore sensibilità al T3 stesso, effetto che eviterebbe patologie legate all’ipotiroidismo.

Il rapporto chetogenico dei nutrienti

I vari nutrienti (carboidrati, proteine e lipidi) possono avere effetti diversi sulla condizione di chetosi incidendo su di essa positivamente o negativamente.

Come ben possiamo immaginare i carboidrati hanno un ruolo antichetogenico, ovvero allontanano il metabolismo dalla condizione di chetosi.

Al contrario proteine e lipidi sono pro-chetogenici (le proteine sono per metà anche anti-chetogeniche) favorendo l’instaurarsi della chetosi.

Alla base di quanto detto esiste un rapporto definito The ketogenic ratio cioè un’equazione che mostra se un substrato ha effetti sugli incrementi di insulina (anti-cheto) o sul glucagone (pro-cheto). Tale rapporto dovrebbe avere un valore intorno a 1,5 per pasto per essere considerato chetogenico.

Le proteine essendo sia stimolatori dell’insulina (in maniera meno marcata dei carboidrati) sia del glucagone possono essere considerate sia anti che pro chetogeniche.

Un eccesso proteico, per tale motivo, può essere controproducente per l'istaurazione della chetosi ed infatti la quota ideale di proteine è fissata a circa 150 pro/day per le prime tre settimane, mentre possono essere ridotte a 1,2-1,8 gr/kg successivamente.

A partire dalla terza settimana il bisogno glucidico del cervello si riduce a circa 40 gr a causa dell’adattamento alla chetosi (di cui la metà provenienti dagli aminoacidi) permettendo di poter ridurre l’introito proteico.

Il motivo per cui i carboidrati sono fortemente ridotti è il loro valore di ketogenic ratio. Per le prime settimane, soprattutto se la quantità di proteine è elevata occorre una forte restrizione glucidica affinché si instauri velocemente lo stato di chetosi. Una quota di 30 gr di carboidrati è considerato il valore limite anche se può subire delle variazioni ed essere aumentata fino a circa 70 gr una volta passata la terza settimana di dieta.

I grassi, infine, sono per il 90% chetogenici, poiché solo la parte del glicerolo (10%) viene utilizzata per ricavare glucosio. E’ normale quindi pensare che i lipidi debbano rappresentare gran parte della quota calorica nel regime chetogenico.

Effetti della dieta chetogenica

Gli effetti della chetogenica sul metabolismo, livelli ematici e dimagrimento possono essere diversi.

Soppressione della fame: Una delle caratteristiche più importanti è la soppressione dell’appetito, dovuto probabilmente ad un aumento della concentrazione di corpi chetonici nel sangue. In realtà, secondo alcune ricerche, la riduzione della fame non sarebbe dovuta direttamente alla presenza dei chetoni ma più che altro al maggior consumo di grassi che tendono a rallentare la digestione e a restare più a lungo nello stomaco, provocando un senso di pienezza: a ciò si aggiunge l’azione delle proteine che stimolano la colecistochinina (CCK) che regola l’appetito.

Colesterolo ematico: l’assunzione elevata di grassi (soprattutto se provenienti da fonti animali) potrebbe avere come effetto negativo un aumento dei livelli di colesterolo che potrebbe evidenziarsi soprattutto quando il peso corporeo rimane costante, senza una netta riduzione del grasso. Quando invece il peso tende a scendere questo porterebbe a ridurre di conseguenza i livelli di colesterolo.

Spossatezza e stanchezza: uno degli effetti nel ridurre drasticamente i carboidrati a favore dei grassi potrebbe essere la comparsa di sintomi di stanchezza. Questo soprattutto nei primi periodi di dieta chetogenica, quando non sia stato fatto nessun avvicinamento graduale. Per rimediare si potrebbe consumare una quota aggiuntiva di minerali. In particolar modo un consumo di sodio pari a 4-5 gr sembrerebbe poter avere effetti positivi sulla fatica.

Effetti sul cervello: secondo diversi studi la maggior concentrazione di chetoni potrebbe avere effetti positivi sulla performance cognitiva.

Deficit di minerali e vitamine: un regime ipocalorico o una restrizione nella scelta dei cibi può facilmente portare ad un deficit nell’assunzione giornaliera di minerali e vitamine. Durante un regime chetogenico è stato in particolar modo evidenziato un possibile deficit per quanto riguarda i livelli di Tiamina, Calcio, Ferro, B6, Magnesio, Sodio e Potassio. Integrare con un buon vitaminico può comunque risolvere ogni eventuale deficit.

Insulino resistenza: nel periodo successivo alla dieta chetogenica, quando i carboidrati saranno reintrodotti, si potrebbe verificare un cattivo utilizzo degli stessi se non reintrodotti gradualmente.

Dopo aver parlato di teoria, adesso tocca alla pratica: come fare la dieta chetogenica?
Per altre informazioni del Prof. Antonio Paoli consulta la nostra intervista.

Fonti:

Ketogenic Diet: A Complete Guide for the Dieter and Practitioner- Lyle McDonald
Beyond weight loss: a review of the therapeutic uses of very-low-carbohydrate (ketogenic) diets.
The Ketogenic Diet and Sport: A Possible Marriage?
Ketogenic diet does not affect strength performance in elite artistic gymnasts
Ketosis, ketogenic diet and food intake control: a complex relationship

Per altre informazioni

La dieta chetogenica spiegata semplice

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Articolo a cura di Ivan Pitrulli

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